giovedì 5 novembre 2015

Disastro Sinai, ipotesi attentato


Bomba, probabilmente. Non ci sono le certezze assolute, ma s’indaga e gli esperti statunitensi e britannici propendono per l’ipotesi perché dalla disamina delle ‘scatole nere’ dell’Airbus precipitato nel Sinai, causando il decesso di 224 passeggeri ed equipaggio, non risultano anomalie ai motori. Stesse considerazioni vengono dagli esperti russi rimasti per giorni taciturni ma orientati anche loro verso questa terribile realtà. Insomma lo spettro della bomba ha una sua pista ben al di là dei proclami che, con la consueta enfasi propagandistica, quattro miliziani dell’Isis hanno diffuso tramite un video. Per evitare tragiche ripetizioni i britannici hanno sospeso i voli su Sharm el-Sheikh, sebbene debbano valutare come far rientrare oltre duecento connazionali presenti nei resort della località turistica. Se come probabile l’ipotesi verrà confermata l’Egitto di Al-Sisi subirà un colpo alla già traballante industria turistica, che voleva riprendersi dal magro periodo iniziato con la “rivoluzione” del gennaio 2011.
Ma fra agenti e investigatori, non solo quelli locali propensi a difendere i sistemi di sicurezza dell’aeroporto sul Mar Rosso, c’è stupore su come sia stato possibile introdurre l’ordigno nell’area di volo e poi sul veicolo. I bagagli subiscono ben quattro passaggi sotto i metal-detector, le stesse vivande distribuite sugli aerei e quelle vendute nei punti ristoro sono sottoposte a un simile trattamento, scrive la stampa egiziana che cerca di perorare la causa del Mukhabarat, sempre efficiente nel ruolo repressivo molto meno in quello preventivo e investigativo. Lo dimostra l’ondata di attentati che il Paese subisce da due anni a questa parte. L’area del Sinai poi sta diventando off limit, e vede una presenza in loco delle bande armate alleate dell’Isis (Ansar Bayt al-Maqdis) che riescono a muoversi anche infiltrate, secondo l’esercito egiziano coperte, fra alcune tribù beduine. Del resto aver ricevuto ripetuti attacchi anche a reparti blindati dimostra la capacità armata dei fondamentalisti.
Riguardo all’attentato all’Airbus s’era avanzata la tesi dell’uso di un missile, però lo scandaglio dell’ampia area nella quale sono finite le macerie e la disamina tecnica sul relitto sembra escludere questo genere d’attacco, orientandosi sull’esplosione interna al velivolo. Situazione ancor più angosciosa per la sicurezza perché evidenzia le doti d’infiltrazione del gruppo terrorista che può aver utilizzato uomini in servizio nell’aeroporto (anche quelli della vigilanza) o personale di volo che avrebbe assunto il ruolo di kamikaze, come fu per l’attacco qaedista alle Torri Gemelle. Ben oltre il danno economico cui l’Egitto è esposto, già parecchie sono le disdette dei viaggi vacanza nei resort e nei luoghi archeologici, c’è la ricaduta politico-amministrativa per la presidenza Sisi, che puntava a una “normalizzazione” incentrata sull’immagine rassicurante offerta da lui stesso e dalle Forze Armate a concittadini e Paesi alleati. L’altro messaggio il combattentismo dello Stato Islamico lo rivolge all’Occidente e alla Russia: chi è impegnato nel conflitto siriano può diventare un bersaglio. Nella sua componente più indifesa: i civili.

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