venerdì 13 novembre 2015

Notte di fuoco a Parigi, la jihad riattacca

Sangue a Parigi che torna nel mirino della jihad. Sparatorie, esplosioni con morti, feriti, ostaggi. Presi di mira il bar Le Carillon nel X° arrondissement, area compresa fra la Gare du Nord e quella de l’Est, a sparare con armi lunghe due individui. Non lontano da lì un altro killer con un’arma automatica faceva il tiro a segno su avventori del ristorante “Le Petit Cambodge”, lasciando a terra dieci corpi. Quindi nell’XI° arrondissement viene presa di mira la sala concerti “Bataclan” colpita da una grossa esplosione; anche in questo luogo ci sono feriti mentre un centinaio di persone sono tenute in ostaggio. Invece tre esplosioni sono registrate nella zona nord della capitale presso lo stadio di France, dov’era in corso un’amichevole fra le nazionali francese e tedesca. Diffusa la notizia il pubblico è defluito e una parte s’è riversata sul terreno di gioco. Il presidente Hollande, presente in tribuna è stato prelevato dagli agenti della sicurezza e portato al riparo, ritrovandosi poi a presiedere un vertice d’emergenza. La prefettura ha dichiarato  inizialmente trentacinque vittime, numerosi feriti, un numero imprecisato di persone tenute sotto la minaccia delle armi. 
Nel corso delle ore i morti sono tragicamente saliti a centoventinove. Dopo l’attacco al periodico satirico Charlie Hebdo la guerra viene ricondotta in una metropoli occidentale e il territorio europeo entra pienamente nei piani jihadisti, registrando colpi sempre più sanguinosi. Nei vari Paesi possono muoversi gruppi d’assalto e di reclutamento, come quello scoperto nella quieta Merano, dove agiva la base diretta dal mullah Krekar, meticoloso organizzatore seppure dalle galere norvegesi. Se agli attacchi che azzerano ogni presunta sicurezza della nostra organizzazione di vita, s’aggiungono quelli che colpiscono i luoghi di vacanza, come nel caso del turismo russo diventato bersaglio sull’aereo che decollava da Sharm el-Sheik e il colpo al cuore sferrato nella tana popolare di Hezbollah a Burj el-Barajneh, cintura meridionale di Beirut, il terrore jihadista autoctono e quello etero diretto da chi punta al caos generalizzato allarga smisuratamente il suo fronte. 
Dal Maghreb tunisino, passando per Libia ed Egitto, al Mashreq che attraversa il medioriente dove la jihad diventa Stato (Islamico), sino all’Afghanistan e Pakistan, non delle Fata ma del sogno d’un nuovo Khorasan, questo fantasma prende corpo.Lo prende anche nel centro d’Europa, in una città simbolo come Parigi che è la prima e la più esposta, ma Qaeda che volava a New York puntava  anche su Londra e Madrid. Il corpaccione del terrore globalizzato per ora si prende altri corpi, senza pietà come aveva già fatto a gennaio nella redazione del settimanale francese e poi a marzo al Museo del Bardo. L’incubo si ripresenta e, in questa guerra che non comprende, il cittadino occidentale è inebetito perché si trova a essere bersaglio, a scontare colpe d’un passato storico riletto con le lenti del fanatismo ideologico più che religioso, ma sconta anche l’avventurismo dei suoi geostrateghi non si sa se più ciechi o inetti.

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